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Fotografia: scrivere con la luce. La ”nostra” storia attraverso uno scatto.

C’è stato un tempo in cui per immortalare un ricordo si faceva ricorso ad artisti la cui arte era capace di riprodurre attraverso un gioco di luci e di ombre, un preciso e irripetibile istante. La pittura antica è il tentativo degli artisti di imitare la realtà e la storia dell’arte occidentale si fa convenzionalmente iniziare quando Giotto trasforma la superficie piana (di un muro o di una tavola di legno) in uno spazio tridimensionale.
Da lì in poi tutta la pittura sarà un tentativo di creare uno spazio il più possibile realistico in modo che lo spettatore davanti a un quadro potesse esclamare Sembra vero!

Tutto questo durò per circa cinquecento anni. Nel 1827Joseph Nicéphore riesce a ottenere la prima immagine disegnata dalla luce. Dieci anni dopo Louis Daguerre inventa il processo fotografico chiamato dagherrotipo e William Fox Talbot scopre un processo di riproduzione delle immagini con il metodo negativo-positivo.

La fotografia diventa uno strumento molto potente per conoscere il mondo.  Dalla sua invenzione sono trascorsi quasi 200 anni e l’utilizzo dell’uomo è cambiato con l’accessibilità ad essa. Da essere prerogativa di pochi, oggi, se ne fa un abuso tale da immortalare persino il superfluo.

Henri Cartier Bresson, il padre del fotogiornalismo per eccellenza affermò:

La storia dell’umanità negli ultimi due secoli ha avuto il privilegio di essere ”ricordata” e trasmessa ai posteri. Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere.

Un fotografo è letteralmente qualcuno che disegna con la luce. Un uomo che descrive e ridisegna il mondo con luci e ombre.  Sebastião Salgado, contemporaneo di Bresson, iniziando una serie di reportage in giro per il mondo, ha voluto attraverso i suoi scatti raccontare la storia contemporanea attraverso tematiche scottanti come la povertà, gli effetti distruttivi dell’economia di mercato in Paesi in via di sviluppo e sull’umanità .

Descrive il mondo attraverso l’obbiettivo del suo rullino fotografico, e lo fa sempre in bianco e nero:

‘’ Quando sono arrivato sul ciglio di quest’immenso buco, mi si è aperta davanti, in una frazione di secondo la storia dell’umanità, la storia della costruzione delle piramidi, la torre di Babele, le miniere di Re Salomone.

‘‘ Siamo animali feroci, siamo animali molto terribili noi umani. La nostra è una storia di guerre, una storia senza fine, una storia folle’’.

In questo LXVIII numero di Metis Magazine abbiamo voluto raccontare un po’ della ”nostra storia” attraverso l’obbiettivo di una macchina fotografica e di come la fotografia ha cambiato non solo le nostre vite ma anche le nostre abitudini.

 Come sempre abbiamo cercato di affrontarlo attraverso differenti argomentazioni intrise di numerosi spunti di riflessione unendo il tutto alle nostre immancabili rubriche e alle interviste esclusive. 

Senza alcuna pretesa di esser stati esaustivi, vi invitiamo a non perdervi questo originale numero di Agosto .

Buona lettura.

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