Tra le eccellenze mediche pugliesi, spicca da qualche anno la figura della giovane fisioterapista Debora Pentassuglia, titolare presso lo studio di “Fisioterapia Debora Pentassuglia” (ad Alberobello, in provincia di Bari), docente AIDMOV (Associazione Internazionale Drenaggio Linfatico Manuale “Original Methode” dr. Emil Vodder) e collaboratrice alla didattica al Master in Riabilitazione dei disordini muscolo-scheletrici presso l’Università di Genova oltre che con l’equipe del “Centro Linfedemi” di Milano guidata dalla dottoressa Denisa Giardini e i chirurghi Andrea Menozzi e Massimo Sorresina.
Come fisioterapista si concentra sulla riabilitazione dei disordini muscoloscheletrici attraverso tecniche di manipolazione vertebrale HVLAT (Hight velocity low aplitude thrust) ed esercizio e anche sul confezionamento di bendaggi multicomponente, funzionali o con bende all’ossido di zinco e cumarina per il trattamento di linfedemi, ulcere e disordini vascolari in genere.
Ma a rendere ancor più speciale questa dottoressa è la sua pervicace missione sanitaria e umanitaria in Vietnam, dove sta aiutando numerosi bambini affetti da linfedema congenito agli arti inferiori e/o superiori a riaffermare non soltanto la plasticità del movimento ma anche una nuova adesione alla vita.
E se è inderogabilmente vero che, come affermava Gino Strada,“Curare i feriti non è né generoso né misericordioso, è semplicemente giusto. Lo si deve fare”, oggi abbiamo intervistato Debora Pentassuglia per voi:
Partiamo dalle origini: com’è sbocciata la vocazione per la sua professione?
Sorrido pensando al magico momento in cui si possa racchiudere l’inizio di quello che per me è, come giustamente dice, una vocazione prima di una professione. Sorrido oggi perché sono felice di svolgere un lavoro che mi piace ma capire quale fosse la strada non è stato affatto semplice. All’esame di maturità non sapevo ancora se scegliere la facoltà di Economia e commercio oppure Medicina (i miei professori desideravano per me la carriera medica, senza alcuna esitazione). In realtà ragionando con la mia mamma che cercava di illuminare la mia strada chiedendo “Ma da grande ti vedi in mezzo a tante carte o in un ospedale?” riuscii a maturare l’idea di voler aiutare le persone; così le risposi “Io voglio fare un lavoro che mi consenta di aiutare le persone, e voglio essere io l’artefice, voglio aiutare con le mie mani senza interferenza alcuna”. È nato tutto “semplicemente cosí”.
Il test di ammissione per la facoltà di Fisioterapia non lo superai quell’anno e frequentai Farmacia (sempre superando il test di ammissione); il 28 luglio dell’anno successivo avevo concluso gli esami del primo anno di Farmacia con la media del 29 ma desideravo riprovare il test per Fisioterapia perché non avrei mai voluto dire di non aver fatto quella professione per colpa di un test. Così felice del percorso già intrapreso mi presentai al test di ammissione. Quando seppi di averlo superato allora alla mia mamma dissi che non avrei voluto fare “la commessa di farmaci”: finalmente iniziava la mia vera “vocazione”.
Come fisioterapista è esperta in linfologia che si occupa della presa in carico, valutazione, trattamento e prevenzione delle complicanze del paziente affetto da linfedema e patologie affini. Quali sono le malattie più frequenti del sistema linfatico? Quanto importante potrebbe essere la prevenzione e qual è la principale pratica per la cura da lei praticata?
Il sistema linfatico svolge un ruolo molto importante ma è poco studiato nel percorso di formazione dei professionisti sanitari. Le patologie più frequenti correlate al sistema linfatico possono essere principalmente di due tipi: legate a una alterazione anatomica o funzionale di linfonodi o vasi linfatici presente già dalla nascita, oppure legate a un danno causato da un intervento esterno per il trattamento di patologie oncologiche. Nel primo caso si parla di linfedemi primari e possiamo avere la manifestazione clinica di aumento di volume di un arto già al momento della nascita oppure in età adolescenziale-adulta. Nel secondo caso invece si tratta di un aumento di volume causato da un’asportazione chirurgica di linfonodi invasi ad esempio da una neoplasia, oppure causato dal trattamento radioterapico che rende i tessuti fibrotici bloccando la circolazione linfatica. È fondamentale che i pazienti sottoposti a specifici trattamenti medici siano informati sulle possibili conseguenze perché in tal modo sarebbe possibile appunto prevenire un gran numero di complicanze.
Il linfedema è una patologia cronica e il trattamento conservativo che la letteratura scientifica riconosce è la terapia decongestiva complessa costituita dal trattamento manuale di drenaggio linfatico, dal bendaggio multicomponente e dall’esercizio. Non esiste al momento altro metodo di trattamento conservativo efficace. È possibile valutare diversi approcci chirurgici ma bisogna stare molto attenti perché i fattori influenti sul risultato sono numerosi e bisogna affidarsi a un’equipe di professionisti esperti nel settore.
Da qualche anno ha aperto il suo “Studio di Fisioterapia Debora Pentassuglia” ad Alberobello, in Puglia, dove oramai, per le sue tecniche specialistiche, è raggiunta da pazienti di tutta Italia. Come mai ha deciso di restare radicata nel suo paese d’origine?
Sì il 28 novembre sono 6 anni che il mio studio è operativo ad Alberobello e ne sono orgogliosa. Restare qui è stato naturale per me; ho dovuto studiare e lavorare sempre fuori regione e all’estero ma dentro di me ho sempre desiderato coltivare nella mia terra qualcosa di grande, di valido e forte. Ora che ci penso in effetti…sì, sto nutrendo questo sogno. Continuo a spostarmi nel Nord Italia e in Svizzera per i corsi di insegnamento e formazione ma non potrei mai fare a meno dei muretti a secco, del mare e del colore del cielo di Puglia.
Oltre alle sue abilità professionali, è rinomata per la sua capacità di sbrogliare con sensibilità le complesse dinamiche psicologiche che si attivano in chi è affetto da problemi al sistema linfatico. Quanto conta oggi che un medico debba prendersi cura anche delle risposte emotive di un paziente?
Sorrido anche su questa domanda perché è come se mi avesse letto dentro. Grazie! Si parla moltissimo di approccio multidisciplinare al paziente, di counseling psicologico…ma nella realtà il paziente spesso è abbandonato e quando si rivolge a me per una problematica “fisica” mi rendo subito conto che la sua richiesta d’aiuto è molto più profonda e complessa. Quindi cerco prima di costruire un rapporto di fiducia con il raggiungimento di risultati oggettivabili, e poi insieme si cerca di sviscerare ogni dinamica anche con l’aiuto di psicologi. Il “prendersi cura” di una persona è un atto dispendioso e delicato; ogni professionista sanitario dovrebbe formarsi per riuscire ad accogliere al meglio il paziente e indirizzare allo specialista di riferimento quando necessario. Nelle patologie croniche che accompagnano la persona per tutta la vita è fondamentale abbracciare anche la presa in carico delle emozioni oltre che della patologia.
Lei fa parte di un’equipe di medici specializzati presso l’ospedale Saint Paul ad Hanoi, in Vietnam, coinvolta nel trattamento del linfedema congenito su bambini che presentano queste alterazioni nascendo con arti superiori e/o inferiori con volume più grande del “normale”. Come si confronta con questa forte esperienza medica e di vita?
Posso sorridere ancora?
Esperienza medica e di vita, sì è esattamente così. È un immenso onore collaborare con loro perché sono persone straordinarie da cui apprendo ogni giorno come essere una persona e un professionista migliore. Sono stata ad Hanoi nel 2018 e nel 2019 e non vedo l’ora di tornare. Si tratta di un progetto umanitario in cui chirurghi, anestesisti, bambini, genitori e una fisioterapista collaborano per il raggiungimento del livello migliore di autonomia. I pazienti hanno un’età compresa fra i 6 mesi e i 30 anni e come ha già detto nascono con alterazioni del sistema linfatico che già alla nascita si manifestano con gambe o/e braccia di un volume più grande dell’arto controlaterale. La cosa bella è che con una diagnosi precoce e un corretto inquadramento clinico si riesce a ottenere ottimi risultati. Il mio ruolo è quello di insegnare a quante più persone possibile come fare per la gestione di questa patologia cronica. I genitori di questi piccoli pazienti hanno delle capacità di apprendimento ed esecuzione strabilianti e anche a più di 8000 km di distanza riusciamo a confrontarci e a trovare sempre la soluzione migliore. La gestione di un bendaggio nel bambino è assai più complicata rispetto all’adulto quindi è essenziale che i genitori sappiano bendare e modificare le abitudini quotidiane per ottimizzare le risorse disponibili.
Com’è possibile contribuire attivamente al fiorire del suo progetto di volontariato umanitario e sanitario per i bambini malati del Vietnam?
Io sono personalmente responsabile di quello che faccio e di ciò che raccolgo e conseguente compro. La raccolta fondi che organizzo è sempre alquanto silenziosa e la svolgo nel mio studio professionale. Con il denaro acquisto bende e calze elastiche che purtroppo richiedono un ricambio frequente nei bambini che ovviamente crescono. Negli adulti invece una calza elastica può durare più anni. Una volta all’anno cerco di inviare un pacco con il materiale a loro necessario, e appena possibile tornerò personalmente perché le mie mani possano rendersi utili.
Per partecipare alla raccolta fondi a favore dei bambini vietnamiti affetti da linfedema congenito, contattate lo studio della dott.ssa Debora Pentassuglia al numero +39 3394327635 o tramite mail: debora.pentassuglia@gmail.com
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