I bonobo (Pan Paniscus) sono il ritratto vivente più simile a quello degli antichi progenitori dell’Uomo.
Come riportato nella rivista “Scientific Reports” da un gruppo di ricercatori della Howard University di Washington guidato dall’etologo Rui Diogo, rispetto agli altri primati i bonobo hanno i muscoli più somiglianti ai nostri tanto che non a caso condividiamo con loro ben il 98,7% del nostro patrimonio genetico.
Dal punto di vista filogenetico l’essere umano si è infatti separato dagli antenati dei bonobo e degli scimpanzé tra 5 e 6 milioni di anni fa e a loro volta i bonobo si sono separati dagli scimpanzé circa 2 milioni di anni fa, concentrandosi unicamente nella Repubblica Democratica del Congo dove tuttora sono presenti tra i 15.000 e i 20.000 esemplari suddivisi in gruppi da 30 agli 80 elementi per una durata della vita che, in cattività, può raggiungere i quarant’anni.

Il matriarcato nei bonobi
A differenziare queste scimmie antropomorfe dagli scimpanzé non sono solamente le gambe relativamente lunghe, le labbra rosa, il viso scuro, il mantenimento del ciuffo della coda fino all’età adulta e i ciuffi di peli sulla sommità della testa ma anche il sorprendente carattere. Tanto gli scimpanzé risultano aggressivi e gerarchicamente rigidi e patriarcali, tanto invece i bonobo sono altruisti, generosi e matriarcali.
Come individuato per la prima volta negli anni Settanta dal primatologo Takayoshi Kano le femmine dei bonobo non sono marginalizzate e oggetto di violenza da parte dei maschi (come nella cerchia degli scimpanzé) ma addirittura dettano l’andamento delle loro comunità scegliendo con chi figliare e con chi invece accoppiarsi soltanto per puro divertimento.
La motivazione è legata al fatto che le femmine di questa specie sono costrette, durante la pubertà, a lasciare il proprio gruppo di nascita per inserirsi in un altro in cui non hanno legami di parentela tanto da usare il sesso, sia eterosessuale che omosessuale, come principale strumento per rafforzare le loro interazioni.
A capo dei gruppi, le femmine controllano i maschi della loro specie ingannandoli sul loro periodo di fertilità di modo che questi ultimi, per scoprire se esse siano o meno in fase di accoppiamento, saranno costretti a masturbarle, coccolarle e a pulirle (il cosiddetto grooming) invece che litigare con altri pretendenti per contendersele. Diventate madri, poi, saranno sempre loro a scegliere per i loro prediletti figli maschi la migliore spasimante.
Non è neanche il caso di farsi ingannare dal dismorfismo poiché le femmine dei bonobo, nonostante siano fisicamente più piccole, riescono a diventare parecchio aggressive anche in cattività facendo branco per attaccare i maschi e morderli fino a tranciar loro di netto pezzi di dita o persino genitali.

Xenofili, creativi e intelligentissimi
Sulla rivista “iScience” è comparsa una ricerca dalla biologa Raphaela Heesen, attiva presso l’Università di Neuchâtel e di Durham, nel nord-est dell’Inghilterra, in relazione all’interazione sociale dei bonobo che si esprime per mezzo di espressioni facciali e di gesti delle mani.
I bonobo inviano poi dei segnali più deboli quando la loro controparte è un membro di un gruppo socialmente vicino e sono invece più loquaci e persino sessualmente più disponibili con degli estranei, una xenofila che non è legata a nessuna ricompensa ma alla loro curiosa e innata socialità che ben si contrappone alla diffidenza degli scimpanzé che non consentono a nessun estraneo di entrare nel loro gruppo di appartenenza anche quando si ritroveranno in inferiorità numerica.
I bonobo sono inoltre anche creativi nel gioco. Adorano la mosca cieca, ad esempio, con uno che si copre gli occhi con foglie di banano, o con un braccio, e poi si scontra con gli altri fino a che non perde completamente l’equilibrio. In cattività sono inoltre in grado di chiedere del cibo stendendo la mano aperta (qualche volta anche il piede!) e facendo il broncio ed emettendo suoni piagnucolosi se la loro richiesta venisse ignorata.
Secondo numerose ricerche questa specie è quindi intelligentissima, con un cervello molto più sviluppato di quello delle altre scimmie e per evidenziare questo basterebbe citare i loro feedback durante le ore dei pasti quando i membri dei gruppi comunicano tra di loro, mentre mangiano, attraverso uno speciale e fitto sistema audio che nessuno sino a ora è ancora riuscito ancora a decifrare.
Oggi gli scienziati di tutto il mondo sono preoccupati per il destino di questi animali unici. La deforestazione attiva e l’instabilità economica nell’Africa centrale non contribuiscono al benessere di questa specie che, nelle foreste tropicali, sta via via rapidamente diminuendo (anche perché il suo livello di riproduzione è molto basso), una possibile estinzione che dovremmo prospettare come un grave dramma anche noi “cugini” visto che, come ha affermato famoso primatologo olandese Frans de Waal:
«È impossibile guardare una grande scimmia negli occhi e non vedere se stessi».
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