CULTURA

ALLA SCOPERTA DEL CIMITERO ACATTOLICO DI ROMA…TRA ARTISTI E POETI

C’è un luogo a Roma che merita di essere visitato almeno una volta nella vita, si trova nei pressi della Piramide di Caio Cestio, risalente circa al 12 a.C., e le Mura Aureliane, che fanno da cornice di sfondo a questo antico luogo di pace della Città Eterna. Si tratta del Cimitero Acattolico di Roma, l’antico luogo di sepoltura noto anche come “cimitero degli inglesi o degli artisti e dei poeti”, uno dei camposanti più antichi d’Europa circondato da pini e cipressi centenari dove riposano, da circa tre secoli, numerosi artisti e intellettuali di diverse nazionalità, culture e religioni come i poeti John Keats e Percy B. Shelley, il figlio di Goethe, il filosofo Antonio Gramsci, lo scrittore milanese, romano d’adozione, Carlo Emilio Gadda e ultimo, non certo per importanza, il maestro Andrea Camilleri, qui accolto nel luglio 2019.

Come e quando inizia la storia del Cimitero Acattolico di Roma? 

Nel 2012 uno studio di Edward Corp, professore emerito di Storia Inglese presso l’Université de Toulouse, ha risposto con precisione alla domanda, collocando la nascita del cimitero nel 1716 quando un tale William Arthur, medico protestante di Edimburgo, in esilio per sfuggire alle repressioni seguite alle sconfitte dei giacobiti in Scozia, muore nella città del Colosseo, a cui il Papa Clemente XI, a seguito di varie richieste tra ambasciate e diplomatici, concede “il permesso di seppellirlo accanto al sepolcro di Cestio, all’interno delle mura”.

All’epoca le norme della Chiesa cattolica vietavano di seppellire in terra consacrata i non cattolici, tra cui i protestanti, gli ebrei e gli ortodossi nonché i suicidi e gli attori, questi dopo la morte, erano solitamente “espulsi” dalla comunità cristiana cittadina e inumati fuori dalle mura o al margine estremo delle stesse, per cui le inumazioni avvenivano di notte per evitare manifestazioni di fanatismo religioso e per preservare l’incolumità di coloro che partecipavano ai riti funebri. Nel XVIII secolo e nel XIX secolo la zona del cimitero acattolico era chiamata “I prati del popolo romano”, un’area di proprietà pubblica adibita al pascolo del bestiame e in cui si conservava il vino nelle cavità createsi nel Monte dei cocci dove i romani andavano a svagarsi e al di fuori degli agrifogli, non vi erano altri ripari per le tombe sparse nella campagna. Negli anni seguirono altre tumulazioni infatti l’area aveva acquisito la qualifica di cimitero degli inglesi, anche se i sepolti non provenivano solo dal Regno Unito, come indica il nome ufficiale ma da anche altre nazioni, infatti il Cimitero Acattolico di Roma è destinato all’estremo riposo in generale dei non-cattolici stranieri, senza distinzione di nazionalità e nel 1918 fu dichiarato “zona monumentale d’Interesse nazionale”.

Apre le porte di questo luogo di suggestiva quiete la scritta RESURRECTURIS“, ovvero “A coloro che risorgeranno” e camminando, tra il miagolìo dei gatti e i cipressi senza tempo, si incontrano le epigrafi funerarie di grandi personaggi, come quella del poeta Percy Shelley, morto in un naufragio nel Tirreno, tratta dalla Tempesta di Shakespeare che recita “niente di lui si dissolve ma subisce una metamorfosi marina per divenire qualcosa di ricco e strano”; la tomba di Antonio Gramsci riporta invece un curioso errore di grammatica latina “Cinera Antonii Gramscii, invece di Cineres”, mentre la lapide del poeta inglese Keats, morto a Roma di tubercolosi, riporta un epitaffio commissionato dai suoi amici Joseph Severn e Charles Armitage Brown: «Questa tomba contiene i resti mortali di un giovane poeta inglese che, sul letto di morte, nell’amarezza del suo cuore, di fronte al potere maligno dei suoi nemici, volle che fossero incise queste parole sulla sua lapide: “Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua”», poco distante, una lastra marmorea, in risposta a questa frase mostra la seguente: «Keats! Se il tuo caro nome fu scritto sull’acqua, ogni goccia è caduta dal volto di chi ti piange.»

Una lunga passeggiata conduce il visitatore tra le tombe e gli epitaffi del cimitero acattolico di Roma alla scoperta di storie affascinati dei personaggi del passato dove spicca tra tutte L’ Angelo del Dolore, diventata col tempo simbolo del cimitero stesso per il suo significato profondo e realizzata dall’artista e scultore americano William Wetmore Story per sua moglie Emelyn morta prematuramente, rappresenta un angelo dalle fattezze femminili che, dopo aver pianto tutte le sue lacrime, cade disperato sopra la tomba della donna amata racchiudendo in sé la dicotomia ‘amore e morte’ e ‘arte e morte’ a significare che solo l’amore e l’arte, di cui vivevano gli artisti e i poeti che qui vi riposano, possono aspirare all’immortalità.

copertina

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