CULTURA

LET’S SWING CON SARA ZACCAGNINO, BALLERINA DI LINDY HOP

Ballare fa bene al corpo e alla mente, questo è quello che sentiamo dire spesso, a volte però non sappiamo quale tipo di ballo scegliere, c’è chi comincia a ballare sin da piccolo e individua subito il proprio stile, c’è chi invece esclude completamente l’idea di provarci. Si, perché quando si inizia a ballare non si smette più e questo avviene maggiormente quando abbiamo la fortuna di incontrare il Maestro/a giusti che ci fa appassionare e quando naturalmente troviamo il ritmo che ci trascina in pista. Uno dei balli di cui oggi si sente parlare spesso è lo Swing, termine inglese che significa “dondolare”, si distingue infatti per un caratteristico movimento del corpo e per un tipo di esecuzione delle note con un ritmo saltellante o dondolante, una sorta di rimbalzo o pulsazione che si ripete regolarmente all’interno del brano. Abbiamo chiesto a Sara Zaccagnino, maestra e ballerina di Lindy hop, di raccontarci qualche curiosità in più su questo ballo travolgente che nasce agli inizi del Novecento e che oggi è ritornato protagonista in numerose città italiane, tra cui il nostro capoluogo di regione, Potenza.

Ciao Sara, grazie per aver accettato l’intervista per Metis Magazine!

La prima cosa che mi viene da chiederti è di raccontaci quando hai iniziato a capire che il ballo sarebbe diventato il tuo lavoro e perché hai scelto il genere “Swing”?

Più che una scelta è stato un incontro. Ci sono inciampata per noia in un pomeriggio universitario. Nonostante abbia sempre avuto un interesse per il ballo, non avevo mai sentito parlare di swing né tanto meno mostrato alcun particolare entusiasmo per i balli di coppia. Li avevo sempre derubricati, per ignoranza, ad attività d’intrattenimento e di minore contenuto artistico. Non avevo idea della complessità e della ricchezza artistica, musicale e culturale che queste danze sociali si portano dietro. Con lo swing, in ogni caso, è stata sintonia fin da subito: il jazz è innanzitutto un modo di vedere la vita, è auto-affermazione della propria individualità, è un senso di abbandono ed è per questo che viene voglia di ballarlo. Rispetto alla possibilità di farne un lavoro, più che una decisione ponderata anche qui a muovermi è stato il bisogno di non volermi accontentare di relegare il ballo ad una passione da tempo libero e di metterlo, invece, al centro dei miei pensieri e della mia ricerca. Nonostante non si tratti di un percorso lavorativo canonico e ben tracciato (in Italia, purtroppo, ancor meno), continuo a pensare che sia un lavoro meraviglioso: ti offre la possibilità di girare il mondo, di mescolarti con persone ed esperienze diverse dalle tue, di insegnare, di condividere e ovviamente di ballare 365 giorni all’anno.

Quando nasce lo Swing, quanti tipi di ballo esistono e perché secondo te oggi è ritornato di moda?

Nel mondo della street dance, la musica viene sempre come prima cosa. Le persone sentono un nuovo genere musicale nascere e prima o poi iniziano a crearci dei passi. È quello che è successo anche con i balli swing per cui è possibile rintracciarne una breve storia dai primi anni del ’900, quando nacque il jazz come nuova forma d’arte nelle comunità nere e creole di New Orleans. Il jazz stesso ha una sua evoluzione come genere musicale e transita dal primordiale ragtime (con un ritmo più cadenzato, più verticale) allo swing vero e proprio tipico degli anni 30’/40’. A questa varietà musicale corrisponde, se possibile, una maggiore varietà di stili di ballo: non solo è possibile rintracciare una “storiografica” distinzione tra lo swing nero di Harlem e quello bianco della costa occidentale, ma sono davvero tanti gli stili che si sono originati insieme nello stesso periodo e all’interno di una stessa comunità. Ad esempio, nella celebre pista da ballo di Harlem, la Savoy Ballroom, che ha fatto la storia del Lindy Hop e della musica swing, erano tanti gli stili che potevano essere danzati contemporaneamente su di una stessa canzone. E, curiosamente, nonostante sia oggi il ballo più praticato in assoluto, a preferire il Lindy erano in pochi, i più audaci e scatenati, mentre la gran parte delle persone preferiva balli swing più passeggiati che venivano eseguiti nel cerchio più esterno della pista da ballo. Ad oggi, sono alcuni in particolare i balli che sono stati recuperati e che vengono insegnati nei principali festival internazionali. Per fare qualche nome: oltre il Lindy, Balboa, Collegiate Shag, Blues e Authentic Jazz. Rispetto al perché oggi lo swing sia tornato di moda, la domanda può essere insidiosa e anche sociologicamente complessa. Mi limiterò a dire che, da un punto di vista afroamericano, non si può parlare di un “ritorno” o di un revival: lo swing infatti non è mai “sparito e poi ricomparso”, ma semplicemente le danze jazz si sono naturalmente evolute in quelle espressioni a noi più familiari come l’hip-hop, l’house o la break dance. La sensazione di qualcosa di riportato in vita dopo una morte apparente è tutta nostra (di noi bianchi) che ad un certo punto abbiamo riscoperto un interesse e una fascinazione per queste danze. Detto ciò, la storia dello swing in America è largamente intrecciata ai problemi razziali del continente e in particolare alla crisi depressiva degli anni ‘30. E credo che sia questa la radice della sua forza attrattiva: nonostante non si possa paragonare il nostro benessere economico a quello della Harlem degli anni ‘30, viviamo a modo nostro la nostra peculiare “depressione”, e lo swing, oggi come allora, rappresenta sicuramente una forma di evasione e di resilienza. Sonny Rollins, un sassofonista jazz, disse: “il jazz è un senso di speranza […] che la vita possa essere migliore”.  

Qual è la canzone che ti trascina in pista? Consiglieresti qualche titolo da far ascoltare ai nostri lettori?

Senza rifletterci nemmeno un secondo, la mia risposta di getto sarebbe senz’altro Count Basie e tutto quello che lo riguarda! Ma se proprio dovessi sceglierne una, sarebbe “Shiny Stockings”. È un cliché spaventoso perché è probabilmente la canzone swing per eccellenza ma è così perfettamente immaginata! In più, ha una particolare struttura musicale per cui c’è un tema che si ripete ciclicamente e, visto che il jazz è anche un linguaggio attraverso cui raccontare storie, e ogni ballo ne rappresenta una, questa canzone è la tela perfetta. Rispetto ai miei consigli, devo fare una premessa: il jazz necessita di ascolto per emergere in tutta la sua ricchezza e probabilmente le canzoni che affascinano un orecchio “bambino” non sono quelle che appagano un orecchio più consapevole. Detto ciò, i miei suggerimenti d’ascolto saranno una, spero, felice mediazione tra canzonette swing e brani da intenditori.

La mia top tre è:

“Things Ain’t What They Used To be” – Paul Gonsalves

“Mack The Knife” – Ella Fitzgerald

“Cotton Tail” – Duke Ellington

Dove insegni in questo momento, partecipi a corsi di formazione o a festival, quali sono i tuoi progetti futuri?

La mia culla è e resterà la comunità di swing napoletana, in cui ho mosso i primi passi e fatto le mie esperienze formative. Da un paio d’anni a questa parte ho avviato due progetti che mi stanno molto a cuore: ho aperto la mia associazione a Portici, appena fuori Napoli, e insegno regolarmente a Potenza, che è la mia città natale. Ad oggi il circuito dello swing è una macchina ben avviata e abbiamo workshop, festival e competizioni praticamente ogni settimana in ogni parte del mondo e quindi anche l’imbarazzo della scelta rispetto ai ballerini che vogliamo seguire e agli eventi a cui vogliamo partecipare. Personalmente la cosa più complicata da gestire per me è la non sempre facile conciliabilità tra le mie esigenze, che mi portano spessissimo fuori in giro per l’Italia e anche in Europa, e quelle delle comunità locali di allievi che necessitano di presenza e di cura. Progetti futuri ne ho, ma per scaramanzia napoletana acquisita non li rivelo nel dettaglio! Posso dire sicuramente che implicano il viaggiare di più: il semi-nomadismo è una componente fondamentale nello stile di vita di un ballerin* di swing. In generale, mi piacerebbe avere la possibilità di insegnare di più e in diverse città ed essere sempre più in contatto con ballerin* per creare insieme. 

Performance Sara > Savoy Cup 2024

Si vede che ami tantissimo il tuo lavoro, ti vorrei chiedere come ultima domanda…perché ballare Swing? E quale consiglio daresti a chi vuole iniziare a ballare ma pensa di non esserne capace?

Lo swing è stato il ballo più popolare per decadi in America ed è stato ballato dalla costa orientale a quella occidentale. Lo swing è stato, in effetti, la pop music degli anni ‘30, nonostante paradossalmente oggi ci appia come una musica raffinata e di nicchia. Ed è nella sua natura di essere un ballo pop cioè per tutti. Il mio consiglio per chi sta pensando di iniziare è di farlo e non pensarci due volte! E, perché no, anche di trovare degli insegnanti autenticamente appassionati: loro faranno il duro lavoro per voi e vi insegneranno pazientemente; a voi toccherà soltanto avere la curiosità e la motivazione per fare il primo passo.

E’ proprio così Sara! Non pensateci due volte, lanciatevi in pista, siate curiosi e costanti, e visto che ho iniziato anche io a ballare swing, posso confermare che il divertimento è assicurato! Noi di Metis Magazine ti ringraziamo per questa appassionante viaggio a ritmo di Swing, ci auguriamo di aver incuriosito i nostri lettori a tal punto da iniziare a provare questo ballo e scatenarvi sulle note di uno dei brani più iconici di Duke Ellington: “It don’t mean a thing if it ain’t got that swing”, il manifesto intellettuale ed ideologico dello Swing intriso di una irresistibile energia e allora direi….Let’s Swing!

Grazie SARA!

Potete seguire Sara su questi canali: FB: https://www.facebook.com/sara.zaccagnino.3 IG: https://www.instagram.com/zaccagninosara?igsh=MWJtajYzcjFwM2RlZA==

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Copertina – Foto Credits Miriam Lombardo

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