Sono tanti, ancora troppi, i giovani che in Italia “si perdono” durante il percorso scolastico, finendo con l’abbandonare gli studi precocemente, prima ancora di aver conseguito un titolo di studio superiore. Quello della dispersione scolastica, sembra essere un male difficile da debellare, con gravi effetti sia sociali, che economici, per lo sviluppo del Paese. Infatti, sono proprio questi, i giovani che rischiano di rafforzare le schiere di dispersi, che formano l’esercito dei NEET– acronimo di Not in Education, Employment or Training– ovvero ragazzi che non studiano, non si formano e non lavorano. Il numero dei Neet, riferito al 2015, sarebbe di 2,3 milioni. Perché, se è vero che il diploma conta poco e la laurea vale poco più, non averli comporta automaticamente l’esclusione dal sistema produttivo.
Ma che cosa significa dispersione scolastica? Perché così tanti giovani abbandonano gli studi? Naturalmente, non esiste una risposta semplice a tali domande, in quanto, tante le variabili da considerare per poter analizzare un fenomeno così complesso. Per comprendere appieno il significato del termine dispersione, occorre partire dalla sua etimologia: dispersione deriva da “dispergere”, il cui significato è dilapidare, spargere le cose qua e là, nonché derivato di “disperdere” cioè dividere, dissipare, separare. In questo contesto intendiamo la dispersione scolastica come vera e propria dissipazione dell’intelligenza, delle potenzialità, e dei mezzi. Tutto l’insieme di quei processi attraverso i quali si verificano ritardi o abbandoni di uno specifico percorso didattico. Per quanto riguarda i fattori che determinano l’insuccesso scolastico, essi sono molteplici e variabili. Difficoltà relazionali all’interno dell’ambiente scolastico e le dinamiche soggettive dello studente come: emarginazione, bassa autostima, fenomeni di bullismo uniti ad un cattivo rendimento scolastico possono generare sentimenti di rabbia nei confronti della scuola. Invece, tra i fattori esterni che possono concorrere all’abbandono, troviamo la condizione socio-culturale ed economica del nucleo familiare. Infatti, il ruolo della famiglia in molti casi risulta essere decisivo per le successive scelte dello studente. Imporre una determinata scelta scolastica o al contrario disinteressarsene completamente, può favorire l’insorgere di sentimenti di inadeguatezza nei confronti del sistema formativo. Benché il compito primario della scuola sia quello di promuovere il successo scolastico e prevenire la dispersione, spesso essa ne risulta incapace. La mancanza di stimoli e la difficile comunicazione tra l’insegnante e l’alunno, la scuola e la famiglia, possono minare un equilibrio già precario dello studente.
Secondo i dati diffusi dall’ISTAT in data 7 Aprile, tramite il report Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo, sarebbe in diminuzione la percentuale dei giovani che abbandonano la scuola. Nell’ultimo decennio, infatti, la percentuale di ragazzi che interrompono precocemente gli studi in Italia è scesa dal 23% nel 2004, al 15% (il 17,7% tra gli uomini e il 12,2% tra le donne) nel 2015, superando l’obiettivo nazionale del 16% fissato per il 2020. Benché questi dati siano confortanti, rimane ancora lunga la strada che il nostro paese deve percorrere per rientrare negli obiettivi fissati dalla Comunità Europea nella” strategia Europa 2020”. Ovvero ridurre al 10% il tasso di abbandono scolastico.
Affinché ciò avvenga, occorre un impegno maggiore da parte della scuola, che deve riconoscere il fallimento dei propri sistemi formativi, garantendo un nuovo slancio educativo finalizzato a mantenere l’allievo sulla giusta direzione di crescita. Anche le Istituzioni, d’altro canto, devono investire maggiormente nella cultura e nell’istruzione in quanto in essa risiede il presupposto essenziale per lo sviluppo e per l’effettiva partecipazione democratica alla vita di un paese. L’Italia, in questo senso, risulta essere un fanalino di coda nell’impegno per investimenti su cultura, ricerca, e scuola.
“Siamo l´unico paese in Europa che in tempi di crisi ha tagliato sulla scuola – dice sconfortato un noto pedagogista, Benedetto Vertecchi – e poi ci meravigliamo se gli studenti se ne vanno. Apriamo le aule il pomeriggio, facciamoli suonare, fare teatro, laboratori, rendiamo la scuola un contenitore di vita e non soltanto di nozioni. I ragazzi non fuggiranno più. Ci hanno provato in Finlandia e il tasso di dispersione è drasticamente crollato. Perché non possiamo provarci noi?”.
Emanuele Cerrito
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