AMNESTY INTERNATIONAL HA DEFINITO IL 2018 L’ANNO DELLA RESISTENZA FEMMINILE
A causa della crisi economica si sono scomposte le fratture del nostro tempo. Un vento secco ci trascina avanti e indietro in un campo arido, pieno di odio, bombe e finzione. Vanno in frantumi le case, le ossa e i diritti degli esseri umani: i diritti dei fanciulli, dei migranti, dei poveri, dei malati, delle donne e di tutti gli oppressi.
In prima pagina finiscono i bambini che giocano tra le macerie, talvolta le loro urla, ma nelle società ricche e democratiche le forme di oppressione sono ambigue, indossano vestiti freschi e si rivelano particolarmente insidiose da contrastare.
Il rapporto di Amnesty International, Rights today 2018, documenta come, a 70 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, molti dei diritti riconosciuti in quel testo, sono goduti da una parte troppo esigua della popolazione del pianeta. Nell’ultimo rapporto si registra, tra l’altro, un dato peculiare: la massiccia presenza delle donne in prima linea nei movimenti per i diritti umani che mettono in pericolo sé stesse e pagano con la vita o la libertà; they are the real heroes, si legge in Rigths today che ha definito il 2018 l’anno della resistenza femminile. Le donne hanno avviato, negli ultimi 70 anni, una rivoluzione culturale che ha messo in discussione la loro storica posizione di subalternità e il sistema patriarcale che la determinava. Rimescolando i ruoli sociali, le donne dimostrano le potenzialità di immaginare, desiderare e costruire una società diversa che rinnega l’odio e la xenofobia come strategie di potere e rivendica un’intersezione tra identità di genere e identità di classe.
Nel mondo le donne lottano!
Lottano in Afghanistan dove il popolo, coinvolto in una guerra iniziata dagli Stati Uniti 18 anni fa, vede il susseguirsi di regimi oppressivi e vive in una stretta tra l’occupazione militare e il fondamentalismo islamico. Tutti fattori che rendono l’Afghanistan un paese privo delle garanzie di una società civile e gravano sull’emancipazione femminile e delle frange più deboli.
“Noi ci battiamo tutti i giorni per un cambiamento che deve arrivare dal basso, deve nascere nelle case della gente comune, nelle coscienze di un popolo”
afferma a gran voce Selay Ghaffar, attivista politica e portavoce dell’unico partito laico dell’Afghanistan, Hambastagi. Ghaffar, unica figura femminile del suo partito, combatte per i diritti e la protezione delle donne, per l’educazione e l’assistenza sanitaria gratuita e inclusiva, e per diffondere narrazioni in grado di far nascere desideri di autodeterminazione e indipendenza negli afghani .
Le donne curde lottano nella Siria nord-orientale da 40 anni, prima per la loro emancipazione, poi armate a fianco agli uomini per difendere la loro comunità. Oggi la YPJ (la formazione femminile dell’esercito curdo) difende il nord-est della Siria dall’attacco turco, chiamato “Primavera di pace”; sono donne che uccidono per non essere uccise, annientate anche quando combattono solo con la forza della parola. È accaduto a Hevrin Khalaf, segretaria generale del Future Syria Party. Il 12 ottobre scorso, con una lettera aperta, le donne curde hanno lanciato una richiesta di solidarietà,
“donne e uomini di tutte le età sono parte di tutti gli ambiti di questa resistenza per difendere l’umanità, le acquisizioni e i valori della rivoluzione delle donne in Rojava. Come donne siamo determinate a combattere fino a quando otterremo la vittoria della pace, della libertà e della giustizia. Per ottenere il nostro obiettivo contiamo sulla solidarietà internazionale e la lotta comune di tutte le donne e gente che ama la libertà”,
un appello sincero che manifesta dignità e indipendenza di pensiero delle combattenti e di un popolo.
Le donne lottano anche in Argentina e in tutto il Sud America, dove nasce il movimento Ni Una Menos dall’indignazione delle copiose morti che portano l’Argentina insieme al Messico ad essere tra le aree con il più alto tasso al mondo di morti femminili.
“Siamo scese in strada per la prima volta nel 2015 e fu un salto molto importante [poiché] ha trasformato il movimento in un movimento di massa [..]. Questi incontri oggi, 4 anni dopo, si sono rinominati incontri internazionali di donne, lesbiche, trans e travesti. Internazionali, proprio per riconoscere tutte le nazioni e i popoli esistenti e le radici indigene dei nostri territori, nonostante i 526 anni di colonialismo”,
sostiene Marta Dillón in occasione dell’Assemblea di Non Una Di Meno a Verona.
Anche qui si riscontra una trasversalità dell’impegno civile delle donne, in Argentina la mobilitazione non si limita ad opporsi alla violenza maschile e machista ma, articolandosi anche con il movimento del Nunca Más – che rivendica giustizia per i desaparecidos vittime della dittatura -, Ni Una Menos entra con forza nella sfera dei movimenti per i diritti umani. Sempre Marta Dillon lo definisce
“un femminismo di strada, un femminismo che entra nei territori, nei quartieri difficili”,
un femminismo di classe.
La linea che separa oppresso e non-oppresso è un atto di coscienza. Quando l’individuo oppresso ri-conosce che la propria condizione non è “naturale” ma è determinata dalla società in cui vive e dalle sue norme sociali, si apre lo spiraglio della ribellione. E non c’è ribellione senza la cosiddetta capacity to aspire, come la definisce l’antropologo Arjun Appadurai, la capacità umana di formulare alternative allo status quo. La mobilitazione delle donne è frutto di una rivoluzione culturale che le porta oggi a lottare contro le destre, il neoliberismo, i sovranismi , contro i terrorismi. Il vento secco che ci trascina avanti e indietro non sa che noi, intanto, stiamo seminando.
In foto: Selay Ghaffar, attivista del partito afgano Hambastagi
Fonte foto: http://www.hambastagi.org/new/fa/docs/activity/2625-spa-protest-against-8th-saur-apr26-2019.html
“I difensori dei diritti umani dovrebbero essere il fiore all’occhiello di un paese. Invece, non manca giorno nel quale, in qualche parte del mondo, non vengano definiti “terroristi”, “nemici dello stato” o “esponenti di filiere immigrazioniste” al soldo di qualche potere forte”.
Rights Today, Amnesty International 2019
Soggettività e sistema sociale. Appunti per una psicosociologia dell’oppressione e della resistenza, Terri Mannarini
http://siba-ese.unisalento.it/index.php/sppe/article/view/18426
Rapporto annuale sulla condizione dei diritti umani nel mondo 2018, Amnesty International
https://www.amnesty.org/en/latest/research/2018/12/human-rights-today/
Il volto femminile della rivoluzione culturale in Afghanistan
https://thesubmarine.it/2019/10/15/il-volto-femminile-della-rivoluzione-culturale-in-afghanistan/
La lettera delle donne curde al mondo: “A tutti i popoli che amano la libertà”
Intervento di Marta Dillòn di Ni Una Menos-Argentina all’Assemblea Transnazionale di Non Una Di Meno a Verona, 31 marzo 2019
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