Il 10 gennaio 2015 ci lasciava Francesco Rosi, il regista civile italiano che forse più di tutti, attraverso i suoi film, ha raccontato il potere che corrompe e corrode quando si mischia alla criminalità .
Rosi nacuq a Napoli il 15 gennaio 1922 , figlio di una casalinga napoletana e il direttore calabrese di un’agenzia marittima e caricaturista per i periodici cittadini Monsignor Perrelli e Vaco’e pressa Salvo.
Quando nel febbraio del ’43 il regista viene richiamato alle armi, è costretto a lasciare l’Università Federico II di Napoli dove frequenta la facoltà di giurisprudenza per arruolarsi.
Due anni dopo entra nella redazione di un quindicinale di letteratura e arte, Sud, accanto agli amici di sempre Raffaele La Capria, Patroni Griffi, Barendson e Anna Maria Ortese. Abbandonata in seguito l’attività milanese di giornalista presso il quotidiano “Milano Sera”, nel 1946 si trasferisce a Roma dove inizia la sua carriera nel cinema come assistente di Salvatore Di Giacomo in “O voto” e Luchino Visconti in in “La terra trema” (1948) , “Senso” (1953) e “Bellissima” (1951).
L’esordio dietro la macchina da presa avviene con “La sfida” (1958), seguito l’anno seguente da “I magliari” con Alberto Sordi.
Il ventennio ’60-’70 segna la stagione d’oro del filone d’inchiesta, che Rosi apre con l’oscura vicenda del bandito “Salvatore Giuliano “(1962), toccando l’apice con il capolavoro dei capolavori “Le mani sulle città ” con cui conquista il Leone d’Oro a Venezia.
Ne seguono altri come “Cristo si è fermato ad Eboli” (1979″, “Tre fratelli” (1981) e “Cronaca di una morte annunciata” (1987).
Oltre a una nomination agli Oscar del 1981 come “miglior film straniero” (con “Tre fratelli”), il regista otterrà , in oltre quarant’anni di carriera, 10 David di Donatello, l’Orso d’Oro alla carriera al Festival di Berlino del 2008 e il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia 2012.
Francesco Rosi ha inventato un nuovo stile narrativo per un cinema che prima di lui non esisteva.
I suoi film nascevano infatti da ricerche e inchieste sulla realtà italiana negli anni della ricostruzione del dopoguerra e del boom economico, pellicole coraggiosamente sempre pronte a svelare ciò che il potere nascondeva sotto al tappeto o archiviava nei sotterranei più bui occultando con infiniti omissis.
“Il cinema è insostituibile. È la visone della nostra vita e della nostra realtà . La memoria esce fuori dai film come una cosa indispensabile per continuare vivere in maniera civile. Perché la nostra vita se non c’è memoria e speranza nel futuro purtroppo vacilla.”
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